L’estate è la stagione dei sogni e delle partenze, con ben due italiani su tre che hanno già pianificato le proprie vacanze. Sebbene la ricerca di nuove mete e la gestione del budget siano priorità assolute, sfruttando il digitale per scoprire nuove destinazioni, è evidente che la pubblicità delle vacanze e il modo di comunicare e vendere i viaggi sono radicalmente cambiati.
Un balzo nel passato: il turismo dei sogni anni ’80 e ’90
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Negli anni ’80 e ’90, la pubblicità delle vacanze aveva un unico, potente obiettivo: far sognare. Non servivano formule complesse; bastavano pochi ingredienti ben dosati: un mare cristallino, una coppia felice al tramonto o una famiglia sorridente su una spiaggia dorata. I claim erano semplici, diretti e spesso incisivi, capaci di rimanere impressi nella memoria collettiva. Chi non ricorda lo storico “Turista fai da te? No Alpitour? Ahi ahi ahi”, un tormentone che ha segnato un’intera generazione? Oppure le suggestive pubblicità del Touring Club Italiano, con i loro paesaggi idilliaci e testi quasi poetici?
Erano gli anni di un turismo “senza target”, dove la vacanza era presentata come un sogno universale e condiviso. Anche i canali di diffusione erano molto diversi: dai cataloghi patinati delle agenzie di viaggio alle guide cartacee sugli agriturismi d’Italia, ogni viaggio veniva pianificato con meticolosa attenzione, spesso con mesi di anticipo.
La pubblicità delle vacanze :L’era digitale della comunicazione turistica
Con l’arrivo del nuovo millennio e l’esplosione del digitale, il modo di raccontare le vacanze ha subito una vera e propria rivoluzione. Oggi, tra video brevi, creator digitali e piattaforme social, il racconto delle vacanze è diventato iper-personalizzato, interattivo e guidato da emozioni condivise in tempo reale. Pertanto, comprendere come si è evoluto il linguaggio turistico non è solo una curiosità, ma la chiave per capire come si sta trasformando il nostro stesso modo di viaggiare.
Viaggi per tutti? No, grazie! L’era dell’iper-targettizzazione
Attualmente, le pubblicità di viaggi non si rivolgono più a un pubblico indistinto. Anzi, cercano attivamente di non farlo. Il messaggio generalista è ormai superato; la comunicazione turistica è diventata iper-targettizzata. Ogni campagna è studiata per un pubblico specifico: famiglie con bambini, coppie senza figli, over 60 dinamici, single in cerca di nuove connessioni, amanti dell’outdoor o cultori del silenzio. A ciascuno il suo immaginario, il suo linguaggio, la sua vacanza ideale.
I social media hanno amplificato enormemente questo fenomeno. Oggi la vacanza non è più un’esperienza da raccontare al ritorno, ma una componente attiva della nostra identità pubblica. È qualcosa che condividiamo mentre la viviamo, che usiamo per esprimere chi siamo (o chi vorremmo essere). Ed è proprio su questa leva che si gioca la nuova comunicazione turistica: non ti mostrano solo dove potresti andare, ma chi potresti diventare andandoci.
I brand hanno colto appieno questa evoluzione. Club Med, ad esempio, vende il concetto di resort esclusivo per chi desidera “staccare davvero”, mentre Airbnb punta sull’autenticità e sull’idea di vivere un luogo “come un locale”. Le compagnie aeree hanno abbandonato il terreno del prezzo per abbracciare quello del pathos: video emozionali, musiche evocative, storie di 30 secondi che fanno venire voglia di prenotare immediatamente. E poi c’è Ryanair, che ha scelto una via del tutto peculiare: ironizzare sui propri limiti, trasformandoli in meme e contenuti virali, una strategia che, sorprendentemente, si è rivelata estremamente efficace.
La pubblicità delle vacanze: il ruolo del neuromarketing nelle vacanze
Luna Mascitti, formatrice specializzata in neuromarketing e storytelling e fondatrice di Mio Cugino Adv, agenzia di marketing digitale, spiega che nulla di tutto questo è casuale. “Quando scegliamo una vacanza non decidiamo con la testa, ma con la pancia”, sottolinea. “Funzionano le immagini che evocano emozioni, una spiaggia dorata, una finestra sul tramonto. Funziona la FOMO, la paura di perdersi qualcosa. Funziona l’idea di appartenenza, come le vacanze pensate per chi ama il silenzio. Ma soprattutto funziona lo storytelling: una bella storia, anche in 30 secondi, ci coinvolge più di qualsiasi elenco di servizi.”
“Certo, poi ci mostrano il prezzo scontato, 899 euro invece di 1.199, e pensiamo di aver fatto l’affare. Ma la verità è che abbiamo già deciso prima, con la parte emotiva,” conclude Mascitti.
Consigli per scegliere (e vendere) una vacanza: la scienza dietro le emozioni
Che tu stia scegliendo la tua prossima meta o che tu lavori nella promozione turistica, alcuni principi chiave del neuromarketing possono guidarti verso decisioni e strategie più efficaci. In primo luogo, è fondamentale partire da te stesso: rifletti sull’emozione che desideri provare in vacanza, che sia relax, avventura, scoperta, silenzio o connessione con la natura. Definire questo ti aiuterà a scegliere esperienze coerenti con i tuoi desideri più profondi. Inoltre, meno è spesso meglio: punta su offerte che parlino direttamente al tuo desiderio, perché capirai subito quando è la vacanza giusta, ti emozionerà solo a guardarla. Non solo, fidati delle immagini: il nostro cervello le elabora molto più velocemente delle parole, quindi quando una foto “ti chiama”, ascoltala, quella destinazione probabilmente ha qualcosa di speciale da dirti.
Per di più, è essenziale raccontare (o scegliere) una storia: preferisci tour operator e strutture che offrono una visione del viaggio, non solo un elenco di servizi, e se stai promuovendo una vacanza, narra una storia che coinvolga e lasci il segno. Infine, offri identità: frasi descrittive come “vacanza in agriturismo con piscina” sono meno efficaci di espressioni evocative come “una settimana di silenzi, colline e vino toscano”. Le persone, infatti, non cercano solo di andare via; desiderano tornare trasformate, con una nuova versione di sé stesse.














